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Dolcetto o progetto? Le “mostruosità” della progettazione europea

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Zucche e fantasmi che rappresentano i mostri nella progettazione europea

Festeggiamo Halloween parlando di alcuni dei più diffusi errori che possono trasformare i nostri progetti in “mostri”.

Progetti europei: i “mostri” sono tra noi?

È difficile trasformare un’idea in un progetto vincente e realizzabile. Per questo, nella sezione della Guida dedicato all’attività di progettazione condividiamo strumenti e consigli, e abbiamo di recente pubblicato una serie di video pillole di orientamento (le potete trovare nella Guida e su Youtube).

A volte, i problemi arrivano dall’esterno: bandi complessi con molti requisiti, poco tempo a disposizione, scadenze ravvicinate. Altre volte, o in aggiunta, i problemi sono da ricercare nella progettazione: analisi del contesto superficiale, formulazione degli obiettivi troppo generica, inadeguata pianificazione temporale o finanziaria.

Una progettazione non efficace può creare veri e propri “mostri”, ed è di questo che vi vogliamo parlare in questi giorni di Halloween. Oltre a portare degli esempi, proporremo alcune parole chiave e consigli per evitare le “mostruosità” e sviluppare un progetto con buone chances di ottenere un finanziamento, e di raggiungere gli obiettivi prefissati.

Questo è il secondo articolo che pubblichiamo per la serie dedicata agli errori della progettazione (il primo, sulla capacità organizzativa, è consultabile qui). Continueremo a portarla avanti nei prossimi mesi.

Lo zombie: l’idea progettuale riemersa dal passato e non più attuale

Parola chiave: attualità.

Partiamo da un errore comune: a chi non è mai successo, scrivendo un progetto, di tirare fuori dal cassetto idee del passato? Attività che sembravano “morte e sepolte” e che invece vengono riesumate e presentate per un nuovo bando?

Prendere spunto da progetti passati ha i suoi lati positivi: permette di risparmiare tempo nella pianificazione e nella scrittura del progetto. Se fatto con strategia, permette di adattare idee che hanno funzionato a nuovi contesti, o di migliorare quelle che non hanno funzionato. È normale e utile avere idee nel cassetto, o “congelarle” nell’attesa che i tempi siano maturi o che vi sia un bando adatto.

Ma attenzione all’effetto zombie: i bisogni cui vogliamo rispondere con il nostro progetto potrebbero essere cambiati rispetto al passato e le attività non essere più adeguate; o semplicemente, l’idea potrebbe non essere adatta al nuovo contesto. In questo capitolo potete trovare alcuni spunti su come condurre un’analisi di contesto, come la mappatura degli attori e l’analisi dei bisogni, evitando l’“effetto zombie”.

Se il progetto che avevamo presentato con quelle idee e attività non aveva ottenuto il finanziamento, chiediamoci perché questo è avvenuto. Rileggiamo le valutazioni che avevamo ricevuto dall’ente finanziatore, e riflettiamo sulla validità di quella idea e di quell’attività, nel qui e ora. Attenzione quindi all’effetto copia e incolla e al rischio di ripetere acriticamente errori che hanno impedito al nostro progetto precedente di venire finanziato, o di funzionare bene.

Ricordiamoci che, anche se non è necessario inventare ogni volta la ruota, la progettazione è anche un’occasione per stimolare soluzioni creative: “pescare” troppo dal passato potrebbe avere un effetto limitante sulla capacità di innovazione della nostra organizzazione.

Il nostro consiglio? Non serve “riesumare” ma “rigenerare”: partendo dal contesto, analizza il progetto scartando le parti obsolete e mantenendo gli elementi che sono ancora pertinenti per i bisogni di oggi, integrando gli elementi nuovi. In questo modo l’eredità di un progetto passato verrà valorizzata e gli verrà data nuova vita.

Il replicante: la proposta di progetto presentata indistintamente su più bandi

Parola chiave: autenticità.

Con un approccio in parte simile all’effetto zombie, accade a volte di utilizzare le stesse idee progettuali indistintamente su più bandi, con l’intenzione di massimizzare (almeno a livello teorico) le proprie possibilità di ottenere un finanziamento.

Questa modalità permette di ottimizzare lo sforzo di progettazione, ma ogni bando europeo è un mondo a sé: copiare un progetto (o una sua parte) senza i necessari adattamenti comporta il rischio di una mancata aderenza a requisiti, temi e approcci specifici del bando, riducendo drasticamente le possibilità di ottenere una buona valutazione e di vedere il proprio progetto finanziato.

In alcuni casi, i bandi includono nel regolamento una clausola che squalifica i progetti che risultano già presentati o finanziati da altri programmi. La verifica incrociata è una pratica diffusa e c’è il rischio che il proprio progetto venga squalificato.

Ma i rischi esistono anche nel caso in cui il nostro progetto venisse finanziato su più bandi: se si tratta dello stesso progetto, può esserci il rischio di incorrere nel “doppio finanziamento" (di cui abbiamo parlato anche qui), ovvero di rendicontare gli stessi costi su più fonti di finanziamento. Si tratta di una pratica che può portare alla revoca dei finanziamenti, a sanzioni o, nei casi più gravi, ad azioni legali.

Tutto questo può portare ad un danno reputazionale dell’organizzazione verso gli enti finanziatori, un danno molto più grave rispetto a quello di non vedere finanziato un singolo progetto.I

l nostro consiglio? Adatta, non copiare: utilizza la proposta originale come punto di partenza, ma adatta il progetto in modo che sia in linea con gli obiettivi, i criteri di valutazione e il linguaggio specifico di ciascun bando.

Frankenstein: l’assemblamento di idee o componenti di progetti precedenti non coerenti tra di loro

Parola chiave: coerenza.

Un’altra tipica mostruosità della progettazione è l’effetto “Frankenstein”, che si verifica quando si crea un progetto unendo parti di altri progetti in maniera più o meno indiscriminata, sacrificando la coerenza interna ed esterna. In questo caso i vantaggi sono decisamente inferiori ai rischi perché, seppur sia vero che possiamo risparmiare tempo e includere attività che abbiamo già sperimentato, la validità del progetto può venire gravemente compromessa dalla mancanza di coerenza. Questo, oltre a ridurre notevolmente la possibilità di finanziamento, comporta anche gravi problemi in fase di realizzazione, che possono tradursi nel fallimento del progetto.

Le varie componenti (attività, metodi, obiettivi, risultati) si sviluppano all’interno dei progetti con uno scopo, una finalità, un disegno coerente: mescolarli senza attenzione comporta un forte rischio che non si integrino coerentemente e possano essere addirittura in conflitto tra di loro. Magari risparmiamo tempo in fase di progettazione, ma riducendo la coerenza del progetto ne miniamo fortemente il valore. E anche nel caso in cui il progetto venga finanziato, rischiamo di disperdere energie in fase di realizzazione, cercando di forzare l’adattamento di elementi tra loro incompatibili.

L’incoerenza può verificarsi anche a livello di obiettivi, che possono non risultare chiari: il progetto è un sistema in cui ogni elemento concorre, su piani diversi, a una visione e a una logica comune, che servono per comunicare il progetto all’esterno in modo efficace.

Il nostro consiglio? Non procedere “dalle parti al tutto”, ma “dal tutto alle parti”: definisci chiaramente la visione più ampia e gli obiettivi del progetto. Filtra le parti provenienti da altri progetti, chiedendoti se quella parte è coerente con la visione interna (obiettivi e attività) ed esterna (risultati e visione) del progetto. Puoi aiutarti con strumenti come il Quadro Logico per verificare la catena causale tra le sue componenti.

Il pesce blob: il progetto difficilmente replicabile e adattabile ad altri contesti

Parola chiave: adattabilità.

Immaginiamo di aver sviluppato un progetto perfettamente “su misura” per un bando. Il nostro progetto ha molte più chances di essere finanziato e di essere efficace, rispetto ad altre proposte progettuali che possono mancare di specificità.

Ma se il focus del progetto è troppo ristretto, può essere molto difficile replicare l’esperienza e adattarlo ad altri contesti, o a eventi imprevisti. Il nostro progetto rischia di fare la triste fine del pesce blob: un animale che vive nelle profondità marine. Nel suo ambiente naturale è a suo agio e ha un aspetto perfettamente rispettabile, ma se portato in superficie cambia completamente a causa della diminuzione della pressione dell’acqua, assumendo un aspetto flaccido e gelatinoso.

Ciascun progetto, anche se unico, deve avere un certo grado di adattabilità, sostenibilità e replicabilità: sia per l’organizzazione, che con i progetti vuole far crescere la propria attività; sia per l’ente finanziatore, che vuole utilizzare in modo efficace le proprie risorse, puntando su progetti in grado di “vivere” aldilà del periodo di finanziamento, ed eventualmente di adattarsi a rispondere a nuove sfide. Attenzione anche al rischio di “invecchiamento precoce”: un progetto troppo specifico rischia di essere meno in grado di adattarsi ai cambiamenti nel tempo del contesto.

Il nostro consiglio? Utilizza un approccio modulare: sviluppa un progetto in cui gli elementi base, in particolare le attività, siano concepiti come moduli autonomi, con elementi standardizzabili ed esportabili in altri contesti, puntando non solo sul contenuto ma anche sull’utilizzo di metodi replicabili.

La mummia: la struttura di progetto rigida e con pochi spazi di manovra

Parola chiave: flessibilità.

Un progetto è un insieme di processi e attività dipendenti da tre variabili interconnesse (il cosiddetto triplo vincolo): l’ambito di azione, il costo e il tempo a disposizione. La modifica di una di queste variabili rende necessario adattare di conseguenza anche le altre. Ad esempio, l’aumento del numero di destinatari, che riguarda l’ambito, può portare a un allungamento dei tempi del progetto e/o richiedere un aumento delle risorse. Per questo, anche in fase di progettazione, è fondamentale mantenere una certa flessibilità.

Un certo grado di precisione è senz’altro utile: stime di costo accurate e precise nel budget aiutano a gestire meglio il progetto e ad aumentare la possibilità che i costi in fase di realizzazione siano in linea con quanto previsto. Molti rischi possono essere evitati grazie a una divisione cristallina dei ruoli, e un’esecuzione delle attività lineare permette di mantenere il focus su obiettivi e risultati.

Ma se il nostro progetto è poco elastico, sarà anche più difficile adattarlo a cambiamenti del contesto, a nuove sfide o a nuove opportunità che si manifestano. Un eccessivo controllo può rendere il progetto meno dinamico, limitando la capacità di adattamento e di apprendimento. È normale che alcune delle soluzioni immaginate in fase di progettazione non risultino efficaci in fase di realizzazione: se l’approccio è solo focalizzato sull’esecuzione fedele delle attività, si rischia di continuare a portare avanti qualcosa che non funziona, ostacolando il raggiungimento di obiettivi e risultati, o l’emergere di soluzioni migliori. Più una criticità viene mantenuta nel tempo, più aumentano i costi e le difficoltà nel trovare una soluzione. Inseguire la perfezione formale, ovvero voler realizzare un progetto esattamente come lo si è pianificato, può portare a non rispondere ai bisogni per cui il progetto è stato concepito. È per questo che esistono le attività di monitoraggio e di valutazione: per uscire dalla rigidità e adottare i cambiamenti necessari ad assicurare il successo sostanziale del progetto.

Il nostro consiglio? Immagina il progetto non come una gabbia ma come un’armatura: deve essere abbastanza rigido da non disperdersi ma abbastanza flessibile per poter sostenere gli urti. Sviluppa le attività non come una catena ininterrotta, ma in modo che siano organizzate in fasi distinte e autonome, con un proprio budget e tempi definiti, in modo che un evento negativo in un’attività abbia le minori ripercussioni possibili sulle altre. Prevedi un margine nel definire tempi e costi e, se possibile, includi nel budget un importo da utilizzare per gli imprevisti.

Mano: l’idea progettuale che coincide con un’unica attività o componente

Parola chiave: complessità.

Può capitare che un’organizzazione si rivolga ai bandi europei per finanziare un’attività specifica, ad esempio per realizzare un festival o un workshop. Ma se non vogliamo un progetto che assomigli a “Mano” della famiglia Addams, dovremo resistere alla tentazione di concentrarci esclusivamente sui nostri bisogni immediati, e sviluppare una proposta progettuale di più ampio respiro.

Un progetto con una sola attività o una sola componente può avere dei vantaggi in termini di gestione e di chiarezza. Ma a questa semplificazione, quasi sempre, si accompagna a una capacità limitata di generare impatto a lungo termine, che è invece l’obiettivo principale degli enti finanziatori. L’adattabilità, di cui abbiamo parlato sopra, è fortemente a rischio in un progetto che coincide con una singola attività.

In un progetto eccessivamente elementare, o “monocratico”, ci sono possibilità di apprendimento limitate e (paradossalmente) ci si può esporre maggiormente ad alcuni rischi. Infatti, seppur una minor complessità comporti meno rischi, in tale quadro può bastare un solo rischio (ad esempio, la cancellazione dell’evento) per generare un impatto fatale sul progetto.

I bandi europei premiano i progetti che hanno una visione strategica e sono in grado di proporre soluzioni a problemi complessi, aspetto che difficilmente si accompagna a progetti composti da una sola componente o addirittura da una singola attività.

Il termine “complessità” deriva dal verbo latino "abbracciare, stringere insieme": nella progettazione, significa essere in grado di comporre un progetto costituito da più elementi funzionali che si uniscono per un obiettivo comune. E ricordiamoci che un progetto “complesso” non significa un progetto “complicato”.

Il nostro consiglio? Considera la singola attività come la punta di un iceberg: l’attività centrale può restare l’elemento più visibile del progetto, ma deve essere sostenuta da altre attività con una visione più di ampio respiro che ne potenzi l’impatto. Per esempio, non proporre solo l’evento, ma anche la strategia che rende necessario l’evento per rispondere ai bisogni individuati includendo, a seconda dei casi, attività di ricerca, analisi, replicabilità. Valuta anche la possibilità di integrare l’evento in un progetto da costruire con altre organizzazioni partner (qui e nella video pillola trovate alcuni spunti per creare partnership efficaci e qui un approfondimento sugli accordi di partenariato).

Dal mostro al progetto vincente

Abbiamo navigato tra gli incubi della progettazione, cercando di darvi spunti di riflessione su alcuni approcci che possono limitare le possibilità di creare progetti in grado di ottenere finanziamenti e soprattutto di creare un valore duraturo. Un progetto vincente e di impatto è sempre:

  • attuale, ovvero orientato ai bisogni e alle sfide presenti
  • autentico, pensato sulla base dei bisogni rilevati e di una riflessione sul bando
  • coerente, con elementi interni (obiettivi, attività) che concorrono a una visione comune
  • adattabile, per poter essere realizzato con un approccio modulare in altri contesti
  • flessibile, abbastanza elastico per sostenere gli urti e integrare i necessari cambiamenti
  • complesso, ovvero pensato come un sistema dotato di una visione strategica e di un impatto a lungo termine

Non è una sfida facile, ma rispettando questi criteri possiamo evitare l’“effetto mostro”.

E voi, vi siete mai confrontati con uno di questi "mostri" nella vostra esperienza progettuale? Qual è il più difficile da sconfiggere?

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